Funziona un po’ come nella musica: vediamo le differenze tra la birra “mainstream” e la birra “indie”.
Non è semplice dare una definizione di “birra artigianale”. Basarsi sulla vastità della distribuzione e sui volumi di vendita non è sufficiente, così come non basterebbe tenere conto esclusivamente dei processi di creazione. C’è chi produce puntando alla qualità e chi s’immette sul mercato mirando alla quantità. O chi cerca di fare un prodotto “medio”, che strizzi l’occhio a entrambi i mondi.
Possiamo però affermare che la birra artigianale è una birra di qualità, non pastorizzata, composta esclusivamente da elementi selezionati e di prima scelta. Più che di una birra, insomma, si tratta di una vera e propria esperienza gustativa, che accompagna chi la prova fuori dagli schemi della produzione classica.
Nella produzione delle birre industriali, infatti, si tende a costruire un gusto standard, che uniformi il prodotto in tutto il mondo. Si allungano anche i tempi di conservazione richiesti, e per questo i produttori industriali aggiungono alle proprie birre additivi chimici e conservanti. A questo proposito, è importante ricordare che spesso si cercano di contenere i prezzi di produzione su ampia scala utilizzando surrogati di malto d’orzo e non – quindi – ingredienti di prima qualità.
I veri amanti della birra protendono quindi tendenzialmente per quella artigianale, dove qualità, ricerca degli ingredienti e creatività dei birrai creano centinaia di variazioni.